I trend e i frame dominanti nel settore Fashion

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In un contesto sempre più attento alla sostenibilità e alla consapevolezza nei consumi, emergono nuovi comportamenti digitali che stanno trasformando il modo in cui il pubblico interagisce con i brand tecnologici. Movimenti come il No-Buy e il De-influencing si diffondono sempre di più tra le nuove generazioni, in particolare su TikTok, dove creator e utenti mettono in discussione l’iperconsumo, promuovendo un rapporto più critico con l’innovazione. Proprio in questo scenario si inserisce Capture The Pulse, strumento utilizzato da The Fool per analizzare i trend TikTok, capace di individuare non solo i contenuti virali, ma anche i comportamenti e le interazioni degli utenti. 

 

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In questa edizione dedicata al mondo Tech & Consumer Electronics, vedremo: 

  1. Fashion globale su TikTok: estetica e linguaggi in evoluzione 
  2. Italia, tra commento sociale e shopping compulsivo 
  3. L’era del No-Buy e del Deinfluencing 
  4. Pragmatismo quotidiano e nuova grammatica del consumo 
  5. Oltre la moda: i frame nascosti che guidano la conversazione 

Fashion globale su TikTok: estetica e linguaggi in evoluzione 

L’analisi dei dati globali mostra come il fashion su TikTok sia trainato da hashtag trasversali che generano volumi enormi ma anche un’ampia dispersione tra micro-nicchie. I trend che sollevano maggiormente le views sono i birth year outfit, con outfit nostalgici che rievocano gli anni ’90 e 2000, e i tutorial di styling, apprezzati perché mostrano come valorizzare diverse fisicità. A livello di brand, spiccano strategie basate su ironia e partnership: Shein gioca con il meme online vs reality, la Formula 1 trasforma gli outfit di Hamilton in format virali e creator come @parijano ironizzano sullo stile old money ottenendo milioni di visualizzazioni. 

I contenuti generati dagli utenti più performanti si muovono tra due registri narrativi. Da un lato, i video a figura intera che mettono in mostra l’outfit del giorno, spesso sfruttando trend come l’outfit check. Dall’altro, i video artigianali e creativi, come quello di @dibacellina, che mostra la creazione di un vestito ispirato a un tulipano, o di @anthus, che ricrea outfit partendo dalla funzione di ricerca interna di TikTok. Le performance sono notevoli: si va da 34,9 milioni di views fino a oltre 28 milioni. I commenti riflettono un terreno in prevalenza positivo con un’ampia quota di approvazione, ammirazione e curiosità, pur con alcune critiche su prezzo, qualità ed estetica. Il fashion si conferma quindi un ecosistema partecipativo, dove estetica, intrattenimento e creatività convivono in equilibrio. 

 

Italia, tra commento sociale e shopping compulsivo 

In Italia il racconto del fashion su TikTok non si limita a mostrare outfit, ma si trasforma in una vera e propria piazza digitale di commento e partecipazione collettiva. Creator e utenti analizzano e discutono i look delle celebrity, trasformando red carpet e campagne pubblicitarie in occasioni di dibattito estetico. L’ADV Levi’s con protagonista Sydney Sweeney è un esempio emblematico: i creator locali ne hanno amplificato l’impatto con reazioni e recensioni spontanee, generando milioni di visualizzazioni. Lo stesso è avvenuto per i look della premiere di Wednesday, commentati come fenomeno culturale prima ancora che moda. Questi contenuti dimostrano come TikTok non sia solo un palcoscenico di intrattenimento, ma un termometro dell’opinione pubblica capace di trasformare ogni evento in conversazione condivisa. 

Accanto al commento si consolida lo show-off di prodotto, un format ormai centrale nella narrazione fashion italiana. Dagli haul agli unboxing fino alle recensioni dettagliate, i capi diventano strumenti di racconto identitario, in cui l’atto dell’acquisto è parte integrante della performance. Hashtag come #FashionTikTok, #OOTD, #style e #streetwear trasformano ogni video in una dichiarazione di appartenenza, mentre #TikTokMadeMeBuyIt certifica l’influenza della piattaforma sulle decisioni d’acquisto. Non è più solo moda, ma un rituale sociale che oscilla tra desiderio, imitazione e consumo impulsivo, ridefinendo il rapporto tra brand, creator e community. 

 

L’era del No-Buy e del Deinfluencing  

Se lo show-off di prodotto ha reso TikTok un luogo in cui l’acquisto diventa spettacolo, è proprio da questo eccesso che nasce una voce contraria: il movimento del No-Buy fashion e del Fashion Deinfluencing. Sempre più creator e utenti comuni iniziano a mettere in discussione l’hype, le sponsorizzazioni aggressive e l’accumulo compulsivo, proponendo una visione più critica e selettiva della moda. Tra i contenuti che hanno maggiore risonanza ci sono le wishlist personali condivise non per alimentare il desiderio, ma per essere messe in discussione dalla community. Qui i follower sono invitati a commentare e recensire in modo autentico, trasformando l’atto dell’acquisto in un esercizio collettivo di riflessione e valutazione. In questo modo TikTok si afferma non solo come vetrina di tendenze, ma come spazio di confronto culturale in cui i prodotti diventano pretesto di dialogo. 

A livello internazionale, il racconto del No-Buy si struttura attraverso call-to-action esplicite e narrazioni personali che mettono al centro la scelta di rinunciare. Le keyword più frequenti ruotano attorno a concetti di sfida e rinuncia, e le visualizzazioni premiano i format che invitano alla partecipazione attiva: dalle liste di capi da evitare ai diari quotidiani che documentano un mese senza shopping. Questo approccio rende il movimento partecipativo e lo connette a challenge globali come #NoSpendJuly o #NoBuyAugust, che trasformano l’astensione dal consumo in un’esperienza collettiva e in un contenuto virale, capace di ridefinire il significato stesso del rapporto tra moda e desiderio. 

 

Pragmatismo quotidiano e nuova grammatica del consumo 

Il movimento del No-Buy fashion e del Deinfluencing non vive solo di grandi dichiarazioni, ma prende forma nella vita di tutti i giorni. Sempre più creator scelgono di raccontare le proprie esperienze attraverso diari no-spend, che documentano la sfida di ridurre gli acquisti superflui, o con consigli finanziari trasformati in fashion hack, capaci di rendere pratico e immediato il consumo consapevole. A questo si aggiunge l’uso dell’ironia, che rende la slow fashion non solo etica ma anche desiderabile, dimostrando che uno stile sostenibile può essere creativo, cool e culturalmente rilevante. Da queste narrazioni nasce una vera e propria nuova grammatica del consumo, dove la rinuncia non è più vissuta come privazione, ma come scelta aspirazionale e condivisa: un contenuto virale che ribalta le regole della moda tradizionale e restituisce valore a ciò che già possediamo. 

 

Oltre la moda: i frame nascosti che guidano la conversazione 

Il racconto della moda su TikTok non è fatto solo di outfit virali, haul e challenge, ma poggia su frame narrativi profondi che orientano il modo in cui le persone interpretano i contenuti e decidono se fidarsi o meno dei brand. Non si tratta di semplici trend passeggeri, ma di strutture culturali che plasmano desideri, valori e comportamenti d’acquisto. Scoprire questi frame significa avere accesso a una bussola che consente ai brand di muoversi con credibilità dentro conversazioni sempre più complesse e polarizzate. 

 

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