Chiara Ferragni e la crisi come narrativa: perché non sta vendendo una candela (ma identità)

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Quando un personal brand entra in crisi, i parametri classici del marketing smettono di funzionare. È questo il punto centrale dell’analisi che Matteo Flora – fondatore di The Fool e docente in Sicurezza delle AI, Corporate Reputation e Generative AI – ha pubblicato su Formiche, ribadendo che il caso della candela di Chiara Ferragni non può essere interpretato con le lenti del marketing tradizionale, perché non è marketing di prodotto. È governo delle narrative.

Nella sua analisi, Matteo Flora evidenzia come la dinamica che molti analisti hanno tentato di decodificare come pricing, posizionamento o targeting sia in realtà un’operazione molto più sofisticata: la gestione di una comunità basata su relazioni parasociali, identità condivisa e atti simbolici di riconciliazione.

 

📌 Non è una candela: è un atto identitario

Il lancio della candela, e successivamente della felpa sold out in poche ore, non mira a conquistare nuovi segmenti di mercato nel settore home fragrance. Mira invece a:

  • riattivare un legame emotivo con la core community di Ferragni;
  • offrire un gesto simbolico di riparazione dopo il “Pandorogate”;
  • rafforzare l’appartenenza a un gruppo che ha già scelto di perdonare.

Nella logica del consumo identitario, l’acquisto non è un’azione funzionale. È una dichiarazione di intenti: «Io sto con lei».

Questa prospettiva spiega perché il prezzo non sia un ostacolo, ma un segnale (signaling theory): un modo per rendere l’atto di riconciliazione più significativo.

 

📌 Il ruolo delle relazioni parasociali nella gestione della crisi

Matteo Flora richiama le ricerche sulle parasocial relationships, fondamentali per interpretare la resilienza della community di Ferragni. La critica più violenta proviene dall’esterno, dai non-follower. La community, invece:

  • ha contestualizzato l’errore;
  • ha attribuito intenzioni non malevole;
  • ha partecipato attivamente al processo di riconciliazione.

In un’economia relazionale, questo è un asset potentissimo. E soprattutto non si misura con le metriche tradizionali.

 

📌 La governance narrativa: la competenza che tutti sottovalutano

Nel suo articolo, Matteo Flora evidenzia come ciò che sta accadendo non sia un esercizio di comunicazione, ma di narrative governance, una disciplina che combina:

  • timing;
  • simbolismo;
  • lettura avanzata delle dinamiche community-driven;
  • gestione controllata della riconciliazione.

Questa capacità, invisibile a chi analizza solo il prodotto, permette di trasformare un gesto di consumo in un atto identitario.

 

📌 Perché questa analisi è fondamentale anche per il mondo aziendale

L’errore degli analisti tradizionali è applicare i framework del corporate branding a un personal brand, quando i due livelli sono regolati da leve completamente diverse.

Per aziende, manager e creator che operano in contesti complessi, il caso Ferragni dimostra che:

  • la crisi non è mai solo comunicazione;
  • il contenuto non è mai solo contenuto;
  • la community non segue le logiche dell’opinione pubblica;
  • gli atti simbolici hanno più valore dei prodotti.

Si tratta di un insegnamento centrale nella costruzione e nella difesa della reputazione, soprattutto in ecosistemi digitali dove storytelling, identità e comportamento di acquisto sono intrecciati in modo indissolubile.

 

📌 Oltre il prodotto, dentro la narrativa

L’operazione Ferragni funziona non perché la candela sia un buon prodotto, ma perché appartiene a una strategia più ampia: il governo della narrativa personale attraverso il consumo simbolico.

Come sottolinea Matteo Flora, la domanda da porsi non è:

“Quante candele venderà?”

ma:

“Chiara Ferragni come sta usando la narrativa per ricostruire una relazione di fiducia con la sua community?”

Ed è proprio in questo spostamento di prospettiva che si trova la chiave interpretativa del fenomeno.

 

Redazione

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